Il vitigno Nasco

Il Nasco, noto anche con i sinonimi dialettali “resu” e “ogu de arrana”, è coltivato in Sardegna da tempo immemorabile, tanto da essere considerato autoctono.
Il vitigno presenta foglia pentalobata di medie dimensioni, completamente glabra, con margine e dentellatura regolare.
Il grappolo è cilindro-conico, di media grandezza, semi-serrato per leggera colatura, con peduncolo di media lunghezza; acino rotondo o sub-rotondo, di media grandezza,  buccia sottile e tenera, di colore giallo-dorato, leggermente pruinosa, polpa sciolta a sapore leggermente aromatico.
Predilige sistemi di allevamento poco espansi con potatura a guyot o a guyot poussard
Resiste discretamente alle malattie fungine e alle avversità climatiche. La produzione per pianta è molto contenuta.
Diversi studiosi fanno derivare il nome del vitigno dal latino “muscus”, dovuto al sentore di muschio percepibile nel vino invecchiato di qualche anno, da cui la voce dialettale “nascu. Questa ipotesi di derivazione del nome dal latino conferma che il nasco era conosciuto e coltivato in epoca romana. Molto diffuso sino alla seconda metà del XIX secolo, fu giudicato uno dei vini più prestigiosi della Sardegna all’Esposizione Universale di Vienna del 1873.
Oggi è diffuso su un centinaio di ettari in una zona limitata del Campidano di Cagliari, ricadente nei comuni di Serdiana, Dolianova, Selargius, Sinnai, Soleminis, Quartu, Maracalagonis, anche se sta vivendo un rinnovato e meritato interesse da parte di un discretto gruppo di estimatori
La DOC Nasco di Cagliari prevede diverse tipologie, ma tutte ascrivibili ai vini da dessert o da meditazione.
Nell’Altea Bianco, che utilizza la denominazione Sibiola IGT, è vinificato secco, con l'aggiunta di un po' di Vermentino. Il risultato è un vino con sfumature oro, di grande struttura, fruttato al naso il primo anno e poi ricco di sentori di muschio e macchia mediterranea. In bocca è lungo, sapido, marino, di quei vini che pretendono il sorso successivo e poi un altro ancora.

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